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Caciocavallo – Storia

FRA I PIU’ ANTICHI FORMAGGI DEL MEZZOGIORNO

caciocavallo piccanteIl Cacio-Cavallo è, senza alcun dubbio, uno fra i più antichi e noti formaggi a pasta filata del Mezzogiorno d’Italia. I primi accenni alla lavorazione del “cacio” risalgono ad Ippocrate, che nel 500 a.C. descriveva il metodo greco. In seguito Plinio ed altri autori latini hanno trattato di formaggi nelle proprie opere.
Alle sue lodi, fanno seguito quelle di Cassiodoro, storico e politico romano vissuto sotto il regno degli Ostrogoti, durante il quale fu anche segretario del re Teodorico. Nelle sue Epistolae, afferma che tale prodotto caseario era sempre presente alla mensa del monarca.

IL MISTERO DEL NOME

Questo formaggio, famosissimo in tutte le regioni che formavano il Regno delle Due Sicilie, ebbe nel corso della sua storia un successo senza eguali, equiparabile solo alla curiosità suscitata dalla singolarità del suo nome. Secondo alcuni storici, l’origine sarebbe riconducibile agli stessi Mongoli, che ottenevano questo formaggio con latte di giumenta, il quale trasportato negli otri sul dorso dei cavalli, a causa dello sbattimento, si trasformava in cacio.

Ma altrettanto accreditata è l’ipotesi formulata da Androuet, secondo il quale il termine derivava da uno stampo fiscale del Cinquecento a forma di cavallo, che le gabelle del Regno di Napoli imponevano ai formaggi. Infine, a questa tesi fa seguito un’altra congettura (forse più probabile e convincente) secondo la quale, il nome “caciocavallo” è stato dato perché si era soliti mettere il formaggio a stagionare “a cavallo” di una pertica orizzontale.

Oltre all’origine del nome, rimane anche un mistero il luogo dove questo nome sia stato coniato, dal momento che un formaggio simile lo ritroviamo in altre nazioni con nomi analoghi come Qasqawal in Turchia, Katschkaval in Bulgaria e Kascaval in Ungheria. La sua forma curiosa, a fiasca, ha fatto comunque del caciocavallo un simbolo caratteristico dell’immaginario popolare meridionale, anche del più sinistro: “Famme truvà tante case cavalle”, come scrisse alla fine del Settecento il re di Napoli Ferdinando IV al feroce cardinale Ruffo, capo delle sue bande… a Napoli esiste tuttora il detto “fare la fine del caciocavallo”, che vuol dire morire impiccato.

 

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